Ictus ischemico acuto e iperglicemia persistente maggiore di 155 mg/dL
È stato compiuto uno studio per analizzare la frequenza dell'iperglicemia persistente, le sue implicazioni per l'esito, e per documentare la gestione ospedaliera dell'iperglicemia.
È stata effettuata un’analisi post hoc dello studio GLIAS ( Glycemia in Acute Stroke ), uno studio di coorte multicentrico, prospettico e osservazionale su 476 pazienti con ictus ischemico acuto.
I livelli di glicemia su sangue capillare sono stati determinati al momento del ricovero e durante le prime 48 ore.
L’iperglicemia persistente è stata definita come un livello di glucosio in almeno due misurazioni maggiore o uguale a 155 mg/dL.
Gli esiti ( scala Rankin modificata ) sono stati valutati a 3 mesi.
L’iperglicemia persistente si è sviluppata in 117 pazienti ( 24.7% ); essa è stata associata a esiti meno favorevoli ( punteggio alla scala Rankin modificata maggiore di 2: 56.2% vs 28.1%, P inferiore a 0.01 ) e a una più alta mortalità ( 26.7% vs 5.9%, P inferiore a 0.01 ) rispetto a quelli con glicemia minore di 155 mg/dL.
Un’iperglicemia persistente pari o superiore a 155 mg/dL è risultata associata a un incremento di 4 volte nella probabilità di esito sfavorevole a 3 mesi ( odds ratio, OR=4.7 ) dopo aggiustamento per età, sesso, ipertensione, diabete, gravità dell'ictus, glicemia all'inizio dello studio ed estensione dell'infarto.
Solo al 20% dei pazienti con iperglicemia maggiore o uguale a 155 mg/dL è stata somministrata Insulina al momento del ricovero, con un progressivo aumento dell'uso di Insulina durante le 48 ore successive.
Tuttavia, 114 pazienti su 291 ( 39.1% ) che hanno ricevuto terapia correttiva per iperglicemia avevano ancora livelli pari o superiori a 155 mg/dL.
In conclusione, l’iperglicemia persistente pari o superiore a 155 mg/dL è di comune riscontro nei pazienti con ictus ischemico acuto ed è stata associata a esiti meno favorevoli e a mortalità più elevata.
Quasi il 40% dei pazienti ha mantenuto livelli maggiori o uguali a 155 mg/dL nonostante il trattamento correttivo. ( Xagena_2010 )
Fuentes B et al, Stroke 2010; 41: 2362-2365
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